Shree Patanjali
Con il nome di Patanjali si ricorda l’autore degli Yoga-Sutra, testo fondamentale dello yoga, con il quale questa disciplina viene sistematizzata in forma logica e conseguenziale, dopo che per secoli la sua trasmissione da maestro a discepolo ne aveva sempre più perfezionato e precisato gli scopi e la filosofia sottostante.
Patanjali, probabilmente, visse nel Il sec. A.C.e forse fu anche autore di una grammatica e di un testo sull’Ayurveda, l’antica scienza vedica della medicina. Egli è considerato per eccellenza un grande Maestro del Raja Yoga, la via regale, il cui fine è portare l’uomo all’unione ed integrazione, attraverso citta vritti nirodha, ossia il controllo dei movimenti della mente.
Non si hanno in realtà notizie storiche che ci raccontino qualcosa di questo Maestro, ma ininterrottamente la tradizione ne ha ricordato la figura. Egli è stato rappresentato, nei templi, con la parte bassa del corpo in forma di serpente arrotolato, con quattro mani ognuna delle quali mostra dei simboli: la conca che rappresenta lo spazio, la ruota il tempo, la spada la discriminazione, la mano aperta che invita ad avvicinarsi senza paura.
Patanjali non è da considerare il fondatore dello yoga, egli fu soltanto colui che lo codificò, ma importantissimo è stato il suo lavoro, poichè egli sistematizzò la materia in 194 sutra, ossia brevi aforismi, da trasmettere in forma orale, ognuno dei quali è come una perla, sotto la quale bisogna scoprire il filo della saggezza. Egli ha diviso il suo insegnamento in quattro libri ed idealmente ognuno di essi è adatto per una tipologia particolare di discepolo. Il primo libro si chiama “Samadhi Padha” ed è indirizzato a colui che ha già una mente attenta, pronta a recepire i più alti insegnamenti; il secondo è il “Sadhana Padha”, per colui che nelle sue azioni è ancora spinto dai klesha (avversione, desiderio, paura, ecc,) e quindi necessita di una purificazione a livello sia fisico che mentale; il terzo è ‘Vibhuti Padha”, per colui che ha già dominato a livello mentale il proprio corpo, la mente e le emozioni, ma non è riuscito a trascendere ancora la parte intellettiva; l’ultimo libro “Kavalya Padha” è infine per colui la cui mente si è arresa al cuore e ha raggiunto il distacco ed il discernimento.
L’essere riuscito a trattare e spiegare in maniera diversa la stessa materia, al fine di ottenere un unico ed uguale obiettivo (il samadhi o unione ed integrazione con l’Assoluto), relazionandosi ai diversi stadi di sviluppo della coscienza dello studente, mostra quanto profonda fosse la conoscenza dei meccanismi di funzionamento della mente umana da parte di Patanjali.
Questo insegnamento, perchè possa essere compreso e vissuto anche a livello esperenziale, necessità però della guida di un insegnante competente, che possa spiegare ed approfondire le parole di quest’opera. Infatti, proprio per la caratteristica forma (sutra) con cui essa è stata trasmessa nel tempo, una lettura non guidata rimarrebbe soltanto a livello superficiale, mentre la continua elaborazione nei secoli da parte di grandi studiosi e yogi ne è riuscita a mantenere vivo e attuale l’ insegnamento.
Shree TKV Desikachar
21 GIUGNO 1938 – 8 AGOSTO 2016 
Ho avuto la fortuna di conoscere il maestro Desikachar nel 1995. Avevo da poco intrapreso il cammino del viniyoga e con Suor Gemma ed altri studenti del centro, introdotti dalla maestra Chandra Cuffaro, decidemmo di partecipare ad un seminario di Shri Desikachar nei pressi di Firenze.
Dopo anni di pratica di Hatha Yoga, con breve esperienza nel viniyoga, non avevamo ben compreso la ricchezza e la complessità di questa scuola che è strettamente legata all’antica tradizione indiana. Avevo conosciuto già molti maestri, italiani e indiani, ma dopo quell’incontro penso di non aver più seguito altri insegnanti se non per curiosità, ma senza quella fiducia ed entusiasmo che mi aveva suscitato la conoscenza del viniyoga. Il primo incontro con questo maestro fu nella chiesa di San Miniato. Si presentò con molta semplicità questo piccolo uomo, con gli occhiali, vestito sobriamente all’ occidentale, lontano da ogni immagine folcloristica che ci si potrebbe aspettare da un insegnante di yoga. Ricordo che parlò della libertà e come sia possibile arrivare ad essa attraverso il contatto con il cuore. E certamente egli con le sue parole sapeva toccare il cuore, perché il suo linguaggio era facile, ma nello stesso tempo carico di grande saggezza. Poi seguirono tre giorni di seminario, totalmente diversi da tutti quelli che avevo frequentato fino ad allora, con pratiche semplicissime, che richiedevano un minimo sforzo fisico, ma collegavano profondamente con il respiro e con il significato e soprattutto il valore del respiro.
L’ho incontrato altre volte. Ricordo che a Rocca di Papa chiese ad ognuno di recitare o cantare qualcosa che fosse collegato alla propria religione. Noi cantammo il Padre Nostro, gli ebrei lo Shalom, gli indu il gayatri mantra. Era il vero ecumenismo che questo signore voleva condividere, esortando ognuno a non allontanarsi dalla propria tradizione, ma a ricercare il bello e il nuovo in essa , in ogni momento.
Ho avuto altre occasioni di incontrarlo e di leggere i suoi libri, che sono gli unici libri di yoga che riescono a parlare in maniera intellegibile degli Yoga Sutra di Patanjali. Uno dei suoi grandi meriti è stato quello di divulgare l’insegnamento di questo testo che fino a pochi decenni fa era totalmente ignorato dagli insegnanti di yoga , se non per alcuni aforismi del secondo libro che trattano dello yoga dalle otto membra. Lì si fermava tutta la conoscenza dei sutra. Desikachar, che aveva studiato il testo svariate volte con suo padre, Shri Krishnamacharya, il più grande yogi del XX secolo, ne divulgò finalmente la sapienza anche nell’occidente, insieme ad un modo nuovo di praticare le asana e il pranayama ,che egli pensava fosse più adeguato alle possibilità ed esigenze dell’uomo del nostro tempo.
Desikachar era laureato in ingegneria, intraprese lo studio dello yoga successivamente, dopo aver assistito ad un incontro tra suo padre, il grande yogi Krishnamacharya e una donna americana. Quest’ultima era giunta dall’America per ringraziare personalmente suo padre, che l’aveva aiutata con le sue pratiche a guarire dall’ insonnia. Quando vide questa donna abbracciare il serio e tradizionalista Krishnamacharya con trasporto e gioia, perché per la prima volta dopo tanti anni era riuscita a dormire, capì che lo yoga aveva un valore profondo, che ora egli era pronto a riconoscere. Così chiese al padre di insegnarglielo: ma, per carità! non doveva parlargli di Dio.
Krishnamacharya per mettere alla prova l’interesse del suo nuovo studente lo invitò a andare a lezione ogni giorno: alle tre del mattino. Così inizio lo studio che durò fino alla morte di Krishnamacharya, nel 1989 all’età di 101 anni.
Nel 1976 creò in onore del padre il Krishnamacharya Yoga Mandiram, luogo di studio, di cura, di preghiera e di canto per chiunque volesse seguire questa tradizione.
E’ vissuto sempre mettendosi all’ombra del suo grande maestro, con una semplicità e umiltà che da soli sarebbero sufficienti come insegnamento per tutti noi. Ma ciò non gli ha impedito di rendere ancora più attuale e moderno lo yoga, pur rimanendo strettamente collegato alla tradizione. Grazie al suo libro”Il cuore dello Yoga” si è compreso come l’insegnamento di questa disciplina non dovesse limitarsi alle sole asana e al pranayama, ma dovesse includere anche lo studio dei testi, il canto vedico, i gesti rituali che accompagnano la pratica. Anche le modificazioni delle posizioni che egli ha ideato per poterle adattare alle esigenze di chi non era in grado di eseguirle in modo perfetto, sono frutto dell’ intuizione della necessità che chiunque possa essere messo nelle condizioni di praticare yoga. Così grazie a lui tutti possano avvicinarsi alla disciplina senza limiti di età o salute. Sua è stata anche l’idea di introdurre le sticky figures, disegni che permettessero di scrivere una pratica di asana in maniera veloce, comprensibile e facilmente memorizzabile.
Le ultime volte che ho seguito i suoi seminari ci trovavamo in Austria. Mi esaminò personalmente per darmi il titolo di formatrice di insegnanti yoga e questo per me è stato un grande onore. Si meravigliò che sapessi a memoria alcuni canti vedici. Già allora diceva che voleva ritirarsi dall’insegnamento attivo per dedicarsi allo studio dei testi e dei commenti di suo padre. Purtroppo la malattia gli ha impedito di continuare su questa strada.
Negli anni ’80 erano in pochi a seguire il suo insegnamento, nell’ultimo decennio molti si sono proclamati suoi studenti, perché cominciava ad essere chiara la sua grandezza. Ora che ci ha lasciato possiamo onorarlo continuando a portare avanti ciò che ci ha trasmesso, ma non in maniera pedissequa, perché egli apprezzava l’intelligenza, l’innovazione e la creatività, purchè non tradissero il messaggio originario, cioè i Veda, gli Yoga Sutra di Patanjali, lo Yoga Rahasya di Nathamuni (grande maestro dell’VIII secolo d.C., dal cui lignaggio la sua famiglia discendeva direttamente).
E’ stato un grande personaggio che, suo malgrado, ha cambiato la storia dello yoga, con modestia, intelligenza e grande apertura mentale. Nell’età adulta si avvicinò al Dio che da giovane aveva scongiurato il padre di risparmiargli. Ha lasciato il mondo come tutti grandi illuminati: congiungendo le mani in segno di preghiera , devozione e abbandono al Signore: è in India il primo gesto che la madre insegna al neonato, l’ultimo gesto per chi si avvia verso la Sorgente.
Un ringraziamento e un inchino al Maestro Desikachar
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