I Veda e la trasmissione orale
I Veda sono testi che ci riportano alle origini della cultura indiana, poiché essi sono successivi soltanto alla civiltà dell’Indo di Mohenjo Daro e di Harappa, di cui non sono rimaste che brevi iscrizioni e vestigia materiali. Della civiltà vedica, invece, è arrivato a noi un insieme di opere a carattere sacro, che risalgono ad un periodo compreso tra la metà del II millennio e la metà del I millennio a.C., ma non testimonianze archeologiche. Sotto il termine Veda sono da raggruppare quattro raccolte: il Rg Veda, , composto di strofe, fortemente poetiche, il Samaveda o il veda delle melodie, nel quale i poemi sono accompagnati da canto e musica, lo Yajurveda, che tratta delle forme sacrificali e il più recente Atharvaveda costituito da poemi e formule con carattere magico. Essi parlano degli dei, dei riti e degli uomini, costituendo nel complesso una cosmologia e una dottrina dell’uomo. La particolarità di questi testi è che essi non sono stati concepiti per essere letti, ma per essere ascoltati e recitati, e per tale motivo vengono chiamati Sruti: ciò che si ascolta (termine che connota anche il carattere divino della loro provenienza: ascoltati dalla voce di Dio) e non è un caso che i Veda siano arrivati ai nostri giorni soprattutto grazie alla trasmissione orale.
L’India fin dai tempi vedici è stata una civiltà che ha conosciuto la scrittura, ma la particolarità, che ha stupito gli studiosi occidentali che per primi si sono avvicinati a tale cultura, è stata che l’India, benché conoscesse la scrittura, l’utilizzasse per soli fini pratici, cioè per la redazione di atti amministrativi, politici, commerciali, mentre i Veda, che rappresentavano la conoscenza suprema, vennero affidati per la loro diffusione e conservazione alla sola trasmissione orale, cioè alla memoria.
Nella trasmissione orale dei Veda vi è un’attenzione particolare all’aspetto sonoro, un invito a meditare su ciò che sono le parole, sul modo di pronunciarle, sui suoni, che devono essere cantati in un modo ben stabilito e codificato, perché possano manifestare il loro potere interiore e creatore. In questo contesto infatti la parola da vita alla realtà nel momento stesso in cui viene pronunciata e ha pertanto carattere sacro. E’ da notare che in India non vi è alcun divieto di mettere per iscritto i Veda, ma anche se da parecchi secoli è possibile trovarne manoscritti o testi stampati, rimane viva l’idea che per esprimere il loro potenziale e la loro forza debbano essere imparati e recitati a memoria. Essi tutt’oggi costituiscono il substrato intellettuale e spirituale dell’India e un’elite colta della popolazione continua ad impararli e a mantenerne viva la tradizione, tanto che l’UNESCO nel 2004 ha dichiarato il canto vedico patrimonio non materiale dell’umanità.
La religione indù che si è costituita successivamente, dal III o IV secolo a.C., benché si richiami ai Veda, in realtà ne differisce perché propone un culto delle immagini prima inesistente, fissa luoghi per il culto che prima non si concepivano e crea nuovi testi a carattere sapienziale, quali il Mahabharata e i Purana.
Malgrado però la grande fioritura dell’Induismo, i Veda si sono conservati in modo prodigioso, perché per millenni degli uomini hanno saputo preservare, mediante la trasmissione orale, migliaia e migliaia di versi e strofe, straordinariamente difficili. Ancora oggi vi sono persone capaci di recitarli a memoria per giorni interi, non solo nel loro ordine di successione, ma anche all’inverso e seguendo complicate combinazioni di frasi che obbediscono ad ordini predeterminati e che venivano originariamente utilizzati proprio per favorirne la memorizzazione
Purtroppo, la comprensione del testo vedico si è nei secoli smarrita, e spesso di essi si è fatto uno studio solo di tipo filologico, senza andarne a cercare il valore originario. Fortunatamente dall’inizio del XIX secolo, sia maestri indiani che studiosi occidentali sono andati a riscoprire il sapere tradizionale, sforzandosi di riflettere, soprattutto i primi, su temi che da sempre appartenevano alla loro cultura.ll’inverso e seguendo complicate combinazioni di frasi che obbediscono ad ordini predeterminati e che venivano originariamente utilizzati proprio per favorirne la memorizzazione.
I Veda parlano continuamente delle origini, ma nonostante ciò in essi c’è un rifiuto del tempo lineare, poiché la meditazione sull’origine costituisce uno sforzo per ricreare nel presente l’origine stessa. L’idea che i Veda non siano stati composti ma “uditi” da rishi o veggenti, che hanno avuto la rivelazione a poco a poco, per frammenti, riporta l’idea che i Veda sono sempre stati e sono in definitiva fuori dal tempo.
Grazie al rinnovarsi continuo della tradizione anche oggi i Veda possono essere fonte di meditazione per l’uomo moderno, poiché parlano dei problemi eterni, dell’Universo, della relazione che ognuno di noi ha con la natura e con il divino e con formule originali rappresentano e spiegano la realtà prima del creato.